Mercoledì 6 luglio lasciamo Dawson City ed imbocchiamo la Dempster Highway, 737 km di strada sterrata, ultimata nel 1979, che collega Inuvik, un villaggio all’estremo nord oltre il Circolo Polare Artico, al resto del Paese.
Deve il suo nome al valido agente della Regia Polizia a cavallo canadese, William Dempster , che nell’inverno del 1911 parti’ da Fort McPherson, a sud di Inuvik, con una slitta trainata dai cani alla ricerca di tre suoi colleghi dispersi, percorrendo l’allora pista ghiacciata, trovandone i corpi ormai deceduti per il freddo e gli stenti.
È pomeriggio di una calda giornata estiva quando calpestiamo la Dempster Highway circondata da foreste che non trapelano alcuna forma di vita se non qualche lepre selvatica che rapida attraversa la pista. Poi, le conifere diradano, i fusti si abbassano e il paesaggio muta in vaste lande ricoperte di arbusti nani, muschi e licheni su terre pregne d’acqua che rivestono dolci rilievi ai piedi dei quali occhieggiano acquitrini su cui galleggiano indisturbate le anitre selvatiche e un alce americano solitario si sfama con le alghe dei fondali bassi e melmosi.
È il fascino della tundra in estate, selvaggia e incontaminata, su cui si snoda morbida la pista e lo sguardo si perde lontano.
Varchiamo anche il parallelo a 66º33’23” di latitudine nord, il Circolo Polare Artico, e il vento frizzante sferza libero sulla collina portando con sé grosse nuvole scure che a breve scaricheranno abbondante pioggia.
Rivoli d’acqua defluiscono dall’alto dei pendii ed alimentano torrenti che gonfi scrosciano a valle per ingrossare il Peel River ed il Mackenzie River che attraverseremo in traghetto.
Le nuvole basse fagocitano il paesaggio che, avvolto nelle nebbie, si fatica a distinguere. Giungiamo ad Inuvik, remota cittadina nei Northwest Territories, sorta sulla foce del fiume Mackenzie, in cui si mescolano le etnie Inuit del nord e quelle Dene del sud ad immigrati anglofoni, dove si contano più zanzare che abitanti, creata negli anni ’50 per offrire nuove opportunità alle popolazioni artiche, soprattutto dopo la scoperta del petrolio e del metano nel vicino Mar di Beaufort.
Conclusa la visita al paese, ci prepariamo a ripercorrere a ritroso la Dempster Highway, immaginando le difficoltà di questi popoli, a spostarsi in quei territori inospitali prima della costruzione della strada, dove i rigidi inverni segnano temperature anche 50º C al di sotto dello zero, costretti un tempo a raggiungere i più vicini centri abitati a centinaia di chilometri di distanza con l’ausilio di imbarcazioni, velivoli o slitte scivolando sui ghiacci, con il rischio costante dell’attacco di orsi e lupi e delle insidiose zanzare in estate che infestano l’aria di queste zone paludose e fangose.
Giungiamo al primo fiume, ma amara sorpresa, il Peel River ingrossato dalle piogge dei giorni precedenti non permette al traghetto di attraccare e costringe noi, come altri viaggiatori, ad attendere 3 giorni sulle sue sponde, affinché il livello si abbassi e consenta il passaggio di queste acque scure, su cui tronchi e legni spezzati galleggiano inermi trasportati dalla forte corrente.
Ripresa la marcia, il tempo volge al meglio e ci consente di spaziare lo sguardo laddove all’andata la foschia ce lo impediva. E tutt’intorno, stagni, lagune e corsi d’acqua che filtrano nel terreno spugnoso ricoperto di muschio e ed erba verdissima su cui si piegano al vento le piume rosate delle graminacee e candidi fiori, esili come il bombaso. E vaste praterie punteggiate di bacche e mirtilli selvatici evidenziano carcasse di animali, vittime dell’ istinto di sopravvivenza dei loro predatori.
Corriamo spensierati per questa lingua di terra e scisto che poggia su un profondo letto di ghiaia flottante sull’instabile permafrost e, quando meno ce lo aspettiamo, l’avventurosa Dempster Haghway ci regala un fuori programma inaspettato: a 30 km da Eagle Plains, a metà dell’intero percorso, Narciso cede da un lato per effetto del pneumatico posteriore dx, completamente
sgonfio e stallonato.
Più tardi, a ruota sostituita, ci accorgiamo di una vite entrata in profondità nella gomma, con conseguente foratura della camera d’aria. È tardi ormai e la notte, che è solo un tempo scandito sull’orologio, è splendidamente rischiarata dal sole che, come pronto a tramontare, non riesce a calarsi oltre l ‘orizzonte per oscurare il cielo che rimane acceso grazie alla luce calda e avvolgente del sole di mezzanotte.