Il 14 mattina , dopo lo stop forzato ad Ankara e con il benestare di Briciolo riprendiamo il viaggio, svuotati, con grande tristezza nel cuore, ma certi che proseguire nel nostro viaggio ci aiuterà a superare questo terribile momento e lenire il dolore che ci accompagna, rendendo onore anche a Briciolo che in questo viaggio rappresentava, oltre al nuovo membro della famiglia, anche la nostra “mascotte” che pur di stare con noi, avrebbe affrontato qualsiasi avventura

La strada verso Derinkuyu, la città sotterranea, è lunga ma scorrevole , sale e scende morbida tra terre sconfinate e deserte, solcando altipiani punteggiati da greggi al pascolo e rettangoli verdi di grano appena spuntato.

Arriviamo nel tardo pomeriggio a destinazione e la mattina seguente scendiamo di circa 50 metri nel sottosuolo e ci troviamo catapultati in un’altra epoca, primordiale, tra cunicoli di terra battuta, grotte di roccia scavate a mano a partire dal VII -VIIi secolo a.C., e ampliate nei secoli successivi. Si stima che la città di Derinkuyu sia su 8 livelli, raggiunga una profondità di 85 metri e sia collegata ad altre città sotterranee vicine da tunnel lunghi chilometri. Assieme alla vicina Kaimakli, è tra le meglio conservate in Turchia. All’interno, la popolazione viveva assieme ai propri animali domestici, creando zone adibite allo stoccaggio delle materie prime per la sussistenza di entrambi, produceva e conservava olio e vino; oltre a luoghi di culto, erano presenti anche cucine, sale di ritrovo e camini di ventilazione che si possono scorgere in diversi punti sulla superficie della città attuale .Successivamente, ci trasferiamo nella valle di Ihlara , un canyon profondo più di 100 metri in cui si possono ammirare chiese cristiane scavate nella roccia. Procediamo il percorso dopo una pausa pranzo tipica turca con vista sul canyon e

giungiamo a Goreme qualche ora più tardi, ma prima ci incuriosisce un villaggio ai piedi di un’imponente roccia, costituito da pinnacoli conici che si ergono tra sentieri di terra battuta, costellati da aperture più o meno grandi: è Uchisar e quei pinnacoli, i camini delle fate, sono antiche case di roccia vulcanica a più piani, oltre che dimore per i piccioni, il cui guano in antichità veniva utilizzato per la concimazione degli orti vicini e per fertilizzare i giardini. Più tardi, siamo parcheggiati per la notte, proprio difronte alla valle di Goreme, da cui l’ indomani ci alzeremo in volo con la mongolfiera. Un volo lento e silenzioso, smorzato solo dallo sbuffo della fiamma che riscalda l’aria all’interno del pallone, in compagnia di una miriade di altre mongolfiere colorate che assistono all’alba del nuovo giorno.

Il 17 marzo, ripartiamo e solchiamo montagne, altipiani, passi, attraversiamo paesi che ospitano numerose cicogne, fiere nei loro nidi in cima ai pali della luce,

sino ad arrivare in serata del 18 al paese di Kemaliye, dalle caratteristiche case ricoperte da assi di legno intarsiato. L’indomani, riusciamo a percorrere, grazie ad un passaggio di un ragazzo del luogo, la pericolosa strada sterrata nel Dark Canyon di Kemaliye, a strapiombo sull’Eufrate ,

attraversando diversi tunnel scavati nella roccia, rasentando pareti rocciose e lambendo il bordo della pista. Più tardi, a bordo di Narciso, percorriamo una strada alternativa a quella dell’andata, che ci permette di solcare morbidi rilievi bruni e dorati. A tratti la terra si fa ruggine e le minuscole case coi mattoni in terra si mimetizzano perfettamente. Ritorniamo sulla strada principale che ci porterà a varcare passi che di lì a poco si imbiancano per la neve che inizia a cadere

inaspettatamente, sospinta da forti raffiche di vento. Avanziamo lentamente e scendiamo ormai col buio sino ad un luogo protetto per passare la notte e l’ indomani ripartiamo coperti di neve verso il confine con la Georgia. La neve ha smesso di fioccare, scendiamo di quota e la strada si immette di continuo in gallerie lunghe anche 15 chilometri,

il paesaggio cambia e la neve è solo un ricordo. Il sole fa capolino e finalmente giungiamo a livello del mare, il Mar Nero , che costeggiamo sino al nostro ingresso il 20 marzo di sera in Georgia, bagnati da una pioggia copiosa.

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