Man mano che avanziamo, incontriamo dei piccoli villaggi che non si possono ignorare, come Purmamarca, interamente di terra e fango, dalle stradine polverose che conducono al Cerro dai 7 colores, dalle sfumature rosso, rosa, ocra, verde e bianco. Nella piazzetta, dimora da piu’ 700 anni un bellissimo esemplare di algorrobo, dal tronco piegato per il peso degli anni.
Procedendo, troviamo Tilcara , ricca di tradizioni indigene, con la sua fortezza di epoca inca, el Pucara’ . A seguire, Humahuaca, una cittadina dall’influenza coloniale spiccata, alle cui spalle sfoggia un cordone di rossi rilievi rigati di bianco.
Il buio si avvicina e decidiamo di fermarci in un polveroso paesino a piu’ di 3400 mt s.l.m.
Il 2 agosto, al risveglio, tutto e’ congelato: la temperatura e’ precipitata nella notte a -10º e il Narci borbotta all’avvio. Il sole presto ci riscalda e proseguiamo la marcia sino a Yavi, un villaggio vicinissimo alla frontiera, semi deserto, dalle case interamente di terra e paglia, che deve la sua fama ad una piccola chiesa di fine ‘600, con gli interni di legno laminati oro e alle finestre lastre di onice semitrasparenti al posto dei vetri.
Venne donata dal marchesato spagnolo come riconoscenza a quanto quest’ultimo ha saputo depredare ai popoli indigeni, a loro insaputa all’inizio, ma rivendicato tre secoli piu’ tardi dai nativi stessi. In verita’ , ancora oggi continuano a lavorare per delle Compagnie private di investitori stranieri, che fanno capo a Buenos Aires.