E’ fine maggio e la primavera è calda in California.
La costa affacciata al Pacifico è alta e frastagliata ed il mare azzurro e freddo si infrange sulle pareti rocciose a strapiombo, la brezza mitiga l’aria e gonfia le vele di colorati kitesurf.
Poi la strada continua più interna tra colline dorate e terre coltivate, paesini calmi ed assonnati e lande estese e desolate, sino ad aumentare l’urbanizzazione, concentrarsi le vie di comunicazione ed intensificarsi il traffico. Siamo alle porte di San Francisco.
L’ingresso alla città è sottolineato dal passaggio di un lungo ponte sull’Oceano che unisce nel punto più stretto le due sponde, su cui spuntano gli alti e specchianti grattacieli della skyline cittadina. Le salite vertiginose si alternano a discese ripide, costeggiate da abitazioni in perfetto stile vittoriano e viali verdi e fioriti. Il sole che ci ha salutati al nostro arrivo, ora si defila dietro una cortina di nubi dense, la temperatura precipita e la nebbia gelida e umida ci investe come le raffiche di vento che sferzano vicino al mare.
Sappiamo essere sotto al Golden Gate Bridge ma anch’esso è completamente inghiottito dalla fitta bruma che nulla rivela. Solo l’indomani alzando lo sguardo al cielo opaco, riusciamo a scorgere a fatica la sagoma arancione del mitico ponte che si staglia a pochi passi da noi. Percorriamo a piedi i suoi quasi 3 chilometri di lunghezza, lanciando uno sguardo sullo stretto, il Golden Gate, che scorre circa 70 metri più in basso, unendo il Pacifico alla Baia di San Francisco. I grossi cavi di 93 cm di diametro sorreggono il ponte sospeso e si lanciano verso l’alto per raggiungere le due torri di 225 metri di cui non si scorgono le cime, avvolte dalla nebbia persistente che tutto cela.
In lontananza , l’isolotto di Alcatraz su cui sorge il famoso carcere di massima sicurezza, ora chiuso e convertito in museo che per nostra sfortuna non riusciamo a visitare.
Attraversato il lungo ponte, scendiamo a piedi lungo la spiaggia e costeggiando il mare, giungiamo ai diversi moli animati da ristorantini tipici e negozi di souvenirs.
I vecchi tram milanesi qui ancora corrono efficienti per le strade di San Francisco e i “Cable Cars” eseguono le loro manovre di inversione sotto gli sguardi divertiti dei turisti.
La tortuosa Lombard Street scende a serpentina tra folti cespugli di ortensie mettendo a dura prova i freni delle vetture che sfidano la pendenza. E noi rientriamo a “casa” riattraversando a piedi il Golden Gate Bridge, prima della chiusura notturna ai pedoni imposta per limitare i suicidi, con un ricordo vecchio 79 anni, l’età del ponte: un suo grosso chiodo rimosso e sostituito, gentilmente offertoci dagli operai che giornalmente manutentano questa grandiosa opera ingegneristica.