Lunedì 29 agosto, lasciato gli amici del ranch, ci attende un intero caldo pomeriggio per scoprire le vicine Cascate del Niagara. Sostiamo dai simpatici genitori di David che ci insegnano una veloce scorciatoia per raggiungere il sito. A piedi, da casa loro, attraversando dei binari morti e una vecchia strada nascosta tra gli alberi, arriviamo dritti, dritti al viale che conduce alle cascate, e già se ne percepisce il rumore e alcune gocce sospinte dall’aria.
Il fiume Niagara è già lì a pochi passi e scorre rapido nel suo largo alveo diviso tra Canada e USA. In lontananza, infatti, si scorge il ponte che lo attraversa per condurre alla sponda statunitense che si affaccia davanti a noi, al lato opposto.
Il fragore dell’acqua aumenta assordante man mano che ci avviciniamo e la nebulosa sollevata dal volume d’acqua che si infrange cadendo, sale alta in cielo come spire di fumo.
Il fragore dell’acqua aumenta assordante man mano che ci avviciniamo e la nebulosa sollevata dal volume d’acqua che si infrange cadendo, sale alta in cielo come spire di fumo.
Ed eccoci, piccoli ed emozionati, difronte all’imponente ferro di cavallo naturale largo quasi 800 metri, che costringe il fiume ad un salto di 50, con una tale portata d’acqua da impressionare anche i più indifferenti: sono le Horseshoe Falls, dal lato canadese che assieme alle American Falls e le più piccole Bridal Viel Falls nel versante statunitense con un fronte complessivo di circa 320 metri, separate tra loro da isolotti, danno origine alle cascate più famose al mondo.
Lo spettacolo è assicurato e se ne respirano la sua forza ed intensità, siglate da un grande arcobaleno che sovrasta costante le acque convulse ai piedi del salto, su cui battelli colmi di turisti incappucciati, sfidano il turbinio e gli spruzzi sprigionati dal violento incontro delle stesse.
E calata la sera, dalla vertiginosa Skylon Tower, la vista della città dall’alto è un tripudio di luci e cromie e le cascate, indossato l’abito da “grand soiree” , rimangono le regine indiscusse della notte.
E calata la sera, dalla vertiginosa Skylon Tower, la vista della città dall’alto è un tripudio di luci e cromie e le cascate, indossato l’abito da “grand soiree” , rimangono le regine indiscusse della notte.
L’indomani mattina, costeggiamo il fiume Niagara tra rigogliosi vigneti e storiche cantine che aprono le porte al pubblico per condividerne le proprie tradizioni e i propri frutti.
Una tra queste è la Peller Winery, tramandata di tre generazioni, in cui siamo accolti con un buon calice di vino, stappato a colpo di sciabola, tra i filari di vigne cariche di grappoli in maturazione, baciati da un caldo sole che ci permette di assaporare i prelibati piatti a sorpresa dello Chef Jason Parsons, “en plain air”, non prima di aver visitato le fresche cantine in cui il vino riposa in botti di quercia francese e degustato il tipico “ice wine” canadese in una location originale che riproduce la rigida temperatura dei mesi invernali in cui avviene la vendemmia delle uve che origineranno un vino dolcissimo dalle pronunciate note tropicali.