Il 27 marzo varchiamo il confine armeno e subito ci ritroviamo a correre su rilievi dolci e sconfinati, a ridosso del confine azero, sorvegliati da vedette militari di entrambi i Paesi, anche quando ci avviciniamo alla Chiesa della Santa Madre di Dio, su un’altura delimitata dal filo spinato.

Procediamo e la sera arriviamo a Dilijan , una graziosa cittadina circondata da verdi foreste. L’indomani visitiamo nei pressi il Monastero di Haghartsin, raggiunto dopo aver percorso una strada in salita tra boschi ancora spogli. Il monastero, datato tra il X ed il XIII secolo, è composto da tre chiese, San Gregorio, Santo Stefano e Santa Maria, da un gavit (una sorta di atrio) ed un refettorio ampio e ben conservato. Le chiese al loro interno sono buie e suggestive, rischiarate dal solo fascio di luce che entra dalle piccole finestre in cima, creando un’atmosfera mistica e contemplativa, di pace e serenità.

Nel rientrare, ci fermiamo in mezzo al bosco, vicino ad una delle tante fontane che si trovano lungo il tragitto, per una pausa pranzo e per sbrigare alcune faccende domestiche da cui non possiamo esimerci
Terminato, partiamo nelle prime ore del pomeriggio verso il lago Sevan correndo per strade di montagna , seguite da lunghe discese, fino a costeggiare il vasto lago azzurro su cui spuntano a tratti, dorati canneti illuminati dal sole calante. Ci soffermiamo a visitare il monastero Hayravank, tutto in tufo, del IX secolo con vista sul lago, attorniato da lapidi e croci armene. Al suo interno buio e raccolto, un fascio di luce filtra dalle strette finestre in alto , creando giochi di luce che decorano l’ambiente. Procediamo il cammino, attraversando paesi in mezzo a campagne intervallate da lagune, percorrendo strette strade sormontate da insidiosi dossi, uno dei quali più alto del solito, compromette gli ammortizzatori posteriori. Arriviamo saltando a Sarukhan dove in un’officina meccanica apparentemente non all ‘altezza del problema, ripara gli ammortizzatori durante tutta la notte.

Ripartiamo la mattina seguente, ma solo dopo 20 km si romperanno di nuovo. Decidiamo quindi di sostituirli con un paio di scorta e proseguire verso la capitale dove potremo ricevere i nuovi ammortizzatori dall’Italia. Ma prima, un salto al cimitero di Noratus, 7 ettari di terreno ricoperto da migliaia di sepolcri e il più gran numero di steli (khachkar) presente nel paese, datate tra il IX e XVII secolo. Procediamo per montagne, cave di basalto e altopiani innevati, percorrendo un tratto della Silk Road sino al caravanserraglio sul passo Selim a m.2400 slm., uno dei meglio conservati che offriva vitto, alloggio e possibilità di scambi commerciali, agli inizi del 1300. Scendiamo per la notte e ci rifugiamo in un piccolo paese quasi a valle, vicino ad un produttore di mattoni di letame Il 30 marzo ripartiamo alla volta del monastero di Noravank che raggiungiamo attraversando un canyon di pareti rocciose verticali infuocate e alcuni tornanti che ci conducono in cima al sito medioevale di architettura armena, in cui spicca la chiesa a due piani de la Santa Madre di Dio, il cui piano superiore si raggiunge tramite una ripidissima scala in pietra esterna alla facciata.

Terminata la visita, proseguiamo sino alla citta’ di Ararat, ci inerpichiamo su di una aspra collina sino a raggiungere il monastero Msto, da cui si domina tutta la valle sottostante con vista sul monte Ararat sul versante turco. Il 31 marzo scendiamo verso Khor Virap, un antico monastero ricordato per le sue prigioni sotterranee che la leggenda narra fosse stato rinchiuso per 13 anni Gregorio l’illuminatore a causa della sua fede cristiana che non abbandono’ mai, nonostante la reclusione e le torture. Ripartiamo per arrivare in serata a Yerevan, dove l’indomani, ritireremo all’ambasciata il visto per l’Iran, ma lasceremo la capitale subito per ritornare a Surakhan, sul lago Sevan, per riparare gli ammortizzatori in maniera più studiata e definitiva, presso l’officina che ci ha aiutati la prima volta. In affetti, dopo una nottata di riparazione e convivialità armena, ripartiamo il 2 aprile un po’ più sereni per il lavoro veramente certosino che ci ha permesso di proseguire il viaggio senza problemi. Nel frattempo, ritornati a Yerevan, in attesa di quelli nuovi dalla casa madre, visitiamo il museo del genocidio armeno, una triste pagina di storia che ha contato circa 3 milioni di morti per mano dell’impero ottomano, tra il 1915 e il 1923.

