Il 25 febbraio ci appongono il timbro d’ingresso turco nel passaporto, ingresso rapido e senza intoppi. Il paesaggio subito ci appare più esteso, morbido ed ordinato,strade ben asfaltate,larghe e scorrevolissime, villaggi qua e là da cui spuntano alti minareti. Il giorno successivo arriviamo nel tardo pomeriggio a Istanbul che ci dà il benvenuto tra il caos di un traffico intenso e lento. Vicini al centro storico, sostiamo in un’area attrezzata che accoglie altri viaggiatori impossibilitati ad entrare in città con i propri mezzi. Il 27 mattina partiamo di buon ora a piedi diretti al Gran Bazar che incontriamo dopo aver salito a piedi ripidi vicoli nel quartiere vecchio, affollati di piccole botteghe artigianali, da scarpe e pelletteria , abbigliamento e tessuti, da dolciumi a giocattoli e souvenir in genere. Entriamo nel Gran Bazar, antico mercato coperto in cui piccoli negozietti espongono i loro prodotti, un tripudio di colori, odori, sapori e i nostri occhi vengono subito rapiti da tanta mercanzia varia e variegata: spezie, dolci e balocchi, tessuti colorati e tappeti, terrecotte variopinte, lampade luccicanti, pelletteria autentica e non, gioielli e monili, libri e oggetti d’antiquariato , tutto al coperto di magnifici soffitti dipinti e pavimenti a mosaico, intervallati da fontane e antichi chioschi in legno, dove un tempo si poteva assaporare un caldo caffè turco oppure un the fumante (cai). Usciamo da una delle 4 porte del Bazar e ci ritroviamo in una vasta piazza su cui s’innalza la colonna di Costantino, vicino a piazza Sultanahamet che poco più tardi attraversiamo per recarci a visitare la basilica di Santa Sofia,

maestoso luogo di culto di architettura bizantina, chiesa Cristiana durante l’Impero Romano d’Oriente, successivamente trasformata in moschea durante l’Impero Ottomano, sovrastata da una cupola di dimensioni tali da essere tra le più grandi al mondo dopo la cupola di San Pietro. Al suo interno, pregiati marmi verdi e gialli della Siria, icone bizantine dorate e maestosi lampadari pendenti sul vasto pavimento sottostante ricoperto da estesi tappeti verdi. Luce che entra copiosa dalle numerose finestre alla base della cupola che si riflette su tutta l’intera basilica. Usciamo per recarci nella Basilica Cisterna, altro gioiello di architettura romana presente nella capitale: trattasi di una vera e propria cisterna eretta da Giustiniano I nei sotterranei di una antica basilica come riserva d’acqua qualora la città ne avesse bisogno durante assedi o scontri.

Scendiamo e camminiamo su passerelle sospese a pelo d’acqua, all’interno di un’imponente struttura sorretta da oltre 300 colonne di marmo, alte quasi una decina di metri, tutte diverse tra loro per materiali e stili, spiccano le colonne con alla base due teste di Medusa; la sequenza di luci e il sottofondo musicale, rende tutto più magico e suggestivo, rendendo il luogo mistico e rilassante. Uscendo, veniamo catapultati nuovamente nel caos multietnico di Istanbul e ci immergiamo tra il dedalo di viuzze vicino alle piazze per poi salire su una delle tante terrazze panoramiche all’ultimo piano di antichi palazzi per godere della vista a tutto tondo della città, del Bosforo e le sue imbarcazioni, delle piazze e dei giardini, delle cupole e i 6 minareti della Moschea Blu che da lì a poco visiteremo. In ristrutturazione, ci accoglie dal suo ampio chiosco interno, con magnifiche cupole e pareti ricoperte di piastrelle in ceramica turchese, da cui ne deriva il nome di Moschea Blu, colonne, pareti ed archi ricoperti in maioliche nei toni che vanno dal verde al blu, numerose finestrelle che filtrano la luce dall’esterno ed enormi candelieri che pendono dai soffitti altissimi, tutto ovattato da distese di tappeti sul pavimento. In religioso silenzio, io col capo coperto e scalzi come è costume fare, ammiriamo questo splendido tempio con la testa all’insù, tanto sono alte le volte delle sue cupole.

Soddisfatti ed appagati, ritorniamo tra le vie di Istanbul per assaporare una tipica delizia turca , il kumpir, patata lessa farcita di qualsivoglia: verdure, carne, salsine e formaggio fuso. Con la pancia un po’ più piena, ci dirigiamo al calare del sole verso Ponte Galata, sul Bosforo, tipico ponte che collega la parte vecchia di Istanbul a quella moderna. Scattate le ultime foto alle innumerevoli moschee disseminate per la città tutta illuminata, rientriamo a “casa” a piedi ripercorrendo un dedalo di strade e vicoli bui che ci conducono a strade e viali più ampi, incroci e ponti e piazze e giardini, sino ad arrivare stanchi ma contenti, da Narciso che ci attende paziente, come sempre.