Partiamo la mattina del 6 febbraio, riscaldati dal sole che illumina il mare calmo e trasparente. La strada lo costeggia inerpicandosi sulle colline, poi scende attraversando ridenti paesini greci e si immerge in distese di agrumeti carichi di arance dolcissime che non tardiamo ad acquistare da uno degli ambulanti lungo la strada. Sostiamo per un pranzo veloce in una cittadina sul mare e poi riprendiamo il viaggio verso Meteora, abbandonando la costa e salendo verso l’interno, su per le montagne, affrontando lunghe salite e altrettanto lunghe discese. Così anche la mattina seguente, percorriamo strade montane, attraverso pendii ricoperti di alberi ancora spogli e prati ingialliti dal freddo, sino ad arrivare ai piedi di imponenti falesie di arenaria sulle cui sommità si ergono monasteri ortodossi: è Meteora.

Nessun nome è più azzeccato: letteralmente “in mezzo all’aria”, sfidano la gravità ardite costruzioni religiose, abbarbicate sulla sommità di maestose formazioni rocciose, raggiungibili, una volta salita la strada da Kalambaka, la città ai loro piedi, attraverso scalinate o ponti sospesi sul vuoto. L’aria sferza gelida ed il cielo si oscura, ci fermiamo per la notte anche noi tra le nuvole. L’indomani, i monasteri (solo 6 visitabili ed attivi dei 24 costruiti da monaci ascetici) spuntano attraverso le nubi che li avvolgono donando al luogo un”atmosfera magica ed incantata . Visitiamo il monastero della Santissima Trinità, abitato da 13 monache, il cui accesso è attraverso una scala scavata nella roccia: al suo interno, la piccola chiesetta ortodossa affrescata e la suggestiva carrucola usata nei secoli scorsi per il carico e scarico dei beni primari. Uscendo, un giardino curatissimo, un piccolo frutteto e soprattutto una vista magnifica sulla vallata sottostante, sorvegliata dalle Meteore che la sovrastano vertiginosamente.